Con #Piemontedafotografare scoprirai qualcosa in più sulla Regione in cui vivo e la vedrai attraverso i miei scatti. Se sono riuscita a interessarti, considera l'idea di venire a fare un giro per conoscere con i tuoi occhi la bellezza che mi circonda! È il simbolo di Torino e una guida, con i suoi 167 metri di altezza, per chiunque visiti il capoluogo piemontese: è la Mole Antonelliana, confidenzialmente chiamata, da torinesi e non, «la Mole». Non mi sento mai veramente arrivata a Torino finché non la vedo stagliarsi sul cielo con tutta la sua imponenza, a darmi il suo saluto come ogni vera padrona di casa sa di dover fare. Anche se, a girare per Torino, è difficile non sentirsi sempre osservati dalla sua alta guglia, è impossibile non venire colti di sorpresa quando, passeggiando in via Montebello, ci si ritrova davanti al pronao che fa da ingresso all'edificio, come se ci si trovasse davanti a un tempio antico, per poi alzare gli occhi verso la cupola dalla strana forma allungata e la guglia, che si solleva prepotente verso le nuvole. Vuoi vedere la sciarpa rossa di Federico Fellini, le pistole usate in Pulp Fiction o la bombetta di Charlie Chaplin? Allora entra all'interne della Mole, dove è allestito il Museo Nazionale del Cinema, uno dei più visitati in Italia, che contiene numerosi oggetti di scena, bozzetti, costumi e una importante collezione sulla fase pre-cinematografica. Se invece vuoi sentirti per un attimo il vero padrone della città, sali sull'ascensore panoramico: ti condurrà dritto al "tempietto" che sovrasta la cupola, da cui potrai godere di una vista mozzafiato su Torino. Un po' di storia... Dopo che, nel 1848, lo Statuto Albertino ha concesso la libertà di culto alle religioni non cattoliche, la comunità ebraica acquista un appezzamento di terreno nell'attuale Via Montebello e commissiona ad Alessandro Antonelli la costruzione di un tempio. Il progetto, che inizialmente prevedeva un edificio alto solo 47 metri, è ampliato nel tempo dall'architetto, ma le sue scelte non troveranno il favore della comunità ebraica che nel 1869, anche a causa di una mancanza di fondi, interrompe i lavori chiudendo la costruzione con un tetto a 70 metri di altezza. Nel 1873 il comune di Torino prende in carico l'opera, barattandola con un terreno nel quartiere di San Salvario, dove ora è situata l'attuale sinagoga, e si impegna a portarla a compimento per dedicarla a Vittorio Emanuele II. I lavori proseguono ancora sotto Antonelli, che idea la terminazione appuntita dell'edificio, pur senza completare la guglia, la cui costruzione è ultimata nel 1888, anno della morte dell'architetto: la sommità dell'edificio supera così i 163 metri e ne fa il più alto al mondo, motivo per cui è chiamato Mole. La Mole Antonelliana è inaugurata nel 1889 e nell'occasione sulla punta della guglia è collocato un genio alato alto 4 metri, il che innalzò ulteriormente l'edificio. Nell'agosto del 1904, però, la statua crolla a causa di un nubifragio e l'anno successivo viene collocata al suo posto una stella a cinque punte, mentre il genio alato è conservato all'interno della struttura, pur essendo spesso scambiato per un angelo. Le disavventure della Mole non finiscono qui: nel 1953 una tromba d'aria spezza parte della guglia, che precipita nel giardino della sede Rai, senza ferire, fortunatamente, alcuna persona. I lavori di ristrutturazione durano fino al 1960, quando viene terminata una nuova guglia, questa volta con un'armatura metallica, sulla cui cima è posta una stella tridimensionale a 12 punte. Terminati i lavori, l'edificio ristrutturato è inaugurato il 31 gennaio 1961, durante le celebrazioni per il centenario dell'Unità d'Italia. Dal 2000 la Mole Antonelliana è la sede del Museo Nazionale del Cinema, uno dei luoghi più visitati di Torino e una delle sedi di esposizioni permanenti con più ingressi di tutta Italia, con una superficie visitabile di 3200 metri quadrati disposti su cinque piani e una quantità sterminata di cimeli appartenenti al mondo del cinema, oltre a una importante collezione di pezzi appartenenti alla fase "preistorica" del cinema. Ah... mai guardato dietro la moneta da 2 centesimi?! Vuoi arrivare a saperne più dei torinesi sulla Mole? Allora visita i link qui sotto:
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Con #Piemontedafotografare scoprirai qualcosa in più sulla Regione in cui vivo e la vedrai attraverso i miei scatti. Se sono riuscita a interessarti, considera l'idea di venire a fare un giro per conoscere con i tuoi occhi la bellezza che mi circonda! E tutto tace. Non il sepolcrale silenzio rompe il suono degli squilli non latrato di veltri. L'autunnale luce è silente. Non canto di grilli estivo e roco. Solo indefinito fievole viene un suono di zampilli. Guido Gozzano, Il Castello di Agliè Quando ho visitato Agliè c'era il mercato nella piazza del Castello, così io e mio papà abbiamo dovuto percorrere la strada che separa il parco dal resto del complesso per andare trovare parcheggio dietro i giardini. Ritornando verso il borgo stavo rischiando di perdermi il timido scorcio della facciata interna che si mostrava dai cancelli, coperta da una schiera di alberi. Ancora oggi, quando penso ad Agliè, mi viene in mente l'immagine di quell'edificio imponente, con ancora qualcosa delle sue origini medievali a ben osservarlo, così serio e quasi austero nella sua geometria, che sembrava quasi volersi nascondere timidamente. Mi sento sempre un po' in soggezione quando lo rivedo nelle mie foto, proprio come quando mi sono avvicinata a quei cancelli. Sì, perché al Castello di Agliè non servono tanti fronzoli per farsi ammirare, ma la sua semplicità basta per incutere un senso di rispetto e di curiosità in chiunque gli si avvicini. Per non parlare, poi, dell'effetto che fa passeggiare per i giardini e aggirarsi nell'immenso parco al di là della strada, tanto grande che, a volerlo, ci si può dimenticare di tutto e convincersi di essersi perduti chissà dove. Un po' di storia.... Il Castello Ducale di Agliè domina il borgo torinese omonimo già dal XII secolo, quando è residenza del casato dei San Martino di Agliè, che proprio in quell'epoca inizia a imporre il proprio dominio sul Canavese. L'edificio mantiene l'aspetto di fortezza medievale, circondato da mura e da un fossato e con un possente maschio centrale, fino alla metà del XVII secolo. È il conte Filippo di San Martino, consigliere di Maria Cristina di Francia, a occuparsi di un primo rifacimento del castello, commissionando ad Amedeo di Castellamonte un progetto che comprende la presenza di due corti, una verso Agliè e l'altra interna, il rifacimento della facciata che dà sul giardino e la trasformazione delle torri in due padiglioni. I lavori procederanno fino al 1667, anno della morte del conte. Nel 1764 la proprietà passa ai Savoia e Carlo Emanuele III commissiona a Ignazio Birago di Borgaro l'ampliamento del complesso. L'architetto si occupa di realizzare ariosi appartamenti all'interno, mentre all'esterno edifica la chiesa parrocchiale e la collega al castello mediante una galleria a due piani (ne era prevista una seconda sul lato opposto, a dare simmetria all'insieme, che però non fu realizzata). Il Birago chiama a sé gli artisti impegnati anche alla corte di Torino per realizzare la monumentale Fontana dei Quattro Fiumi, che accoglie i visitatori al loro ingresso nel giardino. Come accade in diverse residenze sabaude del Torinese durante l'occupazione napoleonica, anche il Castello di Agliè è spogliato dei suoi arredi per poi essere convertito in ricovero per mendicanti e indigenti, mentre il parco è destinato ai privati per uso agricolo. Si costruisce anche la strada che ancora oggi separa il parco dal giardino, unico elemento che non è stato possibile rimuovere quando, dopo la Restaurazione, il Castello è tornato nelle mani dei Savoia. Nel 1825 la proprietà passa a Carlo Felice e alla moglie Maria Cristina di Borbone-Napoli, che portano avanti una nuova stagione di restauri affidata all'architetto Michele Borda di Saluzzo. Egli si occupa della risistemazione degli interni, oltre alla trasformazione del giardino all'italiana in una chiave più romantica. Con la morte di Maria Cristina, avvenuta nel 1849, il Castello Ducale rientra nei possedimenti di Carlo Alberto di Savoia-Carignano e rimarrà in mano a questo ramo della dinastia sabauda fino al 1939, quando il duca Tommaso di Savoia-Genova lo venderà allo Stato. Durante la Seconda Guerra Mondiale l'edificio è segretamente adibito a deposito di oggetti e documenti a rischio di requisizione tedesca (nelle ex-cucine sono ospitati persino i tesori del Museo Egizio) e appena finito il conflitto è fatto oggetto di una serie di restauri che lo porteranno all'apertura al pubblico. In un secondo momento anche i giardini e il parco sono risistemati e anch'essi diventano visitabili a partire dal 1986. Volete saperne di più? Date un'occhiata ai link qui sotto:
Con #Piemontedafotografare scoprirai qualcosa in più sulla Regione in cui vivo e la vedrai attraverso i miei scatti. Se sono riuscita a interessarti, considera l'idea di venire a fare un giro per conoscere con i tuoi occhi la bellezza che mi circonda! Chi a vëd Turin e nen la Venaria, a vëd la màre e nen la fija Chi vede Torino e non la Venaria, vede la madre e non la figlia A passarci per caso, senza sapere dove andare, che cosa cercare o qualcosa sulla sua storia, Venaria sembre una cittadina come tutte quelle altre che circondano Torino. Ma Venaria è un posto ricco di storia e lo capisci quando, camminando per via Mensa, vedi in lontananza un palazzo: non una di quelle residenze nobiliari qualsiasi, ma una vera e propria reggia, la Reggia di Venaria Reale. Se decidessi mai di spendere un po’ di tempo girando per il Palazzo e per i suoi giardini, ti accorgeresti di aver fatto un investimento proficuo. Entrando in quelle stanze, con i soffitti alti e decorati, enormi quadri alle pareti e pavimenti lucidi che sembrano fatti apposta per essere accarezzati dalla luce del sole, ti sembrerebbe di sentire il rumore dei passi di coloro che le abitavano e le loro voci e, quasi, la loro presenza. Uscendo nel parco, soprattutto in primavera, ti parrebbe che il tempo non fosse mai passato: ti guarderesti intorno attraversando l’Allea Centrale per arrivare fino al Tempio di Diana e la vedresti affollata di turisti, tutti, un po’ come te, meravigliati e insieme intimoriti da un’invasione di sensazioni che solo un luogo come la Venaria sa offrire. Così anche per te sarebbe come essere, in un certo senso, ospite, assieme a tutti gli altri, di quei signori di cui poco fa ti sembrava di udire i passi, le voci e la presenza: un convitato gradito e atteso, uno di quelli a cui si dice: «Fa’ come se fossi a casa tua». Ed è così che avviene la magia: per un giorno ti sentiresti anche tu il signore della Reggia. Un po' di storia... La storia della Venaria Reale inizia nel 1658, con l'avvio dei lavori di realizzazione della Reggia, guidati dall'architetto Amedeo di Castellamonte e protrattisi fino al 1679. Il nome Venaria rimanda chiaramente all'utilità principale dell'edificio, voluto fortemente da Carlo Emanuele II di Savoia (1634-1675) come base per le proprie battute di caccia, tanto che la scelta stessa del sito è stata effettuata tenendo bene a mente questa finalità. Nel 1693 la Reggia viene devastata dalle truppe francesi e Vittorio Amedeo II ne commissiona un restauro, la cui direzione è affidata a Michelangelo Garove. Un ulteriore rifacimento si rende necessario dopo l'Assedio di Torino del 1706, quando la Venaria diventa addirittura dimora dei francesi. Alla morte del Garove (1713) i lavori passano sotto la responsabilità di Filippo Juvarra, divenuto architetto di fiducia di Vittorio Amedeo II e già impegnato nella macchina del Castello di Rivoli. Nel 1724 Juvarra progetta le grandi scuderie della Mandria e nel '28 ultima la cappella di Sant'Uberto e la Grande Galleria per poi dedicarsi, dal 1729, a un'altra celebre residenza sabauda: la Palazzina di Caccia di Stupinigi. La Reggia subisce ulteriori trasformazioni in epoca napoleonica quando, in particolare, i giardini sono rasi al suolo per ricavare una piazza d'armi e la struttura diventa una vera e propria caserma. Da questo punto in avanti, fino al 1978, la Reggia è usata per fini militari e ciò la espone a un continuo degrado. É proprio nel '78 che la Venaria diventa oggetto di un imponente restauro, grazie anche all'opera di sensibilizzazione del critico d'arte Federico Zeri (1921-1998). A partire dal 1998 e per dieci anni la Reggia è sottoposta a un'imponente opera di ripristino e nel 2007 è finalmente pronta ad aprire i suoi cancelli ai visitatori. Si è ancora lavorato per qualche anno alla residenza per riportare alla luce tutti gli altri spazi non ancora oggetto di restauro e nel 2011, in coincidenza con i festeggiamenti del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, il complesso è stato completato. La Venaria è diventata un esempio a livello internazionale grazie all'attenzione e alla buona gestione durante tutta la fase del rifacimento e, anche per questo, ospita tutt'oggi, nell'area delle ex-Scuderie, uno dei più famosi centri di restauro e conservazione delle opere d'arte. |
Silvia MazzuccoStudentessa di Lettere Moderne e fotografa per passione. Archives
May 2019
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