La settimana scorsa ci siamo occupati di Giovanni Verga, famoso prosatore divenuto in età matura anche cultore di fotografia. Il personaggio di cui parleremo oggi, invece, amava soprattutto stare davanti all'obiettivo e i suoi ritratti sono lo specchio di un nuovo modo di rappresentarsi e di farsi rappresentare, in linea con le mode della sua epoca: signore e signori, ecco a voi Gabriele d'Annunzio. Ne Il Piacere, D'Annunzio scrive: «Bisogna fare la propria vita come si fa un'opera d'arte», citazione fin troppo abusata, anche dalla stessa critica, ma che in questo contesto calza a pennello. Sono diversi a sostenere, infatti, soprattutto tra coloro che non ne hanno apprezzato la poetica, che il vero e proprio capolavoro dell'autore abruzzese sia stata, in effetti, la sua stessa vita e, come con tutti i figli del proprio ingegno, D'Annunzio si è curato di non farle mai mancare quella che oggi definiremmo una buona "attenzione mediatica". Tutto ciò non deve farci dimenticare, comunque, che egli amava farsi fotografare non solo per lasciare un segno, un ricordo di sé, ma anche perché gli piaceva vedersi ritratto, in linea con un atteggiamento fin troppe volte, e forse con fin troppa semplificazione, definito narcisistico. In questo quadro rientra la sua attenzione alla qualità dell'immagine, verso la quale era scrupolosissimo, tanto che le immagini che lo rappresentano superano di gran lunga la media dell'epoca, e la sua ricerca della posa perfetta. Neanche a dirlo, D'Annunzio smise di farsi fotografare quando il suo aspetto smise di piacergli, sotto il peso di anni che non poté ricacciare indietro. Mi immagino uno shooting con lui e riesco solo a figurarmi il peggior soggetto un fotografo possa desiderare: esigente, mai contento e sicuramente prevaricatore, il classico che ne sa sempre più di te e che ti fa cestinare scatti su scatti perché il suo gusto sarà sempre più importante del tuo. Del resto, rientra perfettamente nel personaggio che tutti ci immaginiamo. Se osserviamo alcuni dei numerosi scatti in cui compare il Vate notiamo, oltre ai classici ritratti con o senza uniforme, sempre di tre quarti e dal profilo migliore, una serie di scatti in cui egli si trova in pose quotidiane (un bell'ossimoro, ma così è), immortalato immerso nella vita di tutti i giorni ma sempre con una composizione ben studiata. Vediamo D'Annunzio leggere sdraiato su un divano, intrattenersi con i suoi levrieri, andare a cavallo, tutte attività che rientravano in una sua ideologia, che facevano parte dell'uomo che egli voleva essere, o almeno di come voleva essere immaginato, e che gli interessava rimanessero impresse per sempre. È vero, Gabriele D'Annunzio ce l'ha fatta: ci ha restituito un'immagine di sé fatta proprio ad opera d'arte e gli scatti che lo ritraggono ci aiutano a dimostrarlo. Quella che passa davanti ai nostri occhi scorrendo le sue fotografie potrebbe essere una vita che non è vera vita, forse è addirittura troppa vita, se lo si può dire, ma certamente è grazie a questo che egli è ricordato anche da chi non si avvicina alla sua letteratura. Chissà se oggi ne sarebbe contento... Per saperne di più:
Diverse delle fotografie che ho inserito nel mio post sono state prese dalla galleria offerta dal sito del Vittoriale.
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Silvia MazzuccoStudentessa di Lettere Moderne e fotografa per passione. Archives
May 2019
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